venerdì 31 agosto 2018

Art by Montserrat Gudiol (Barcelona, 1933 - 2015)​



















Nel sogno ho fatto in tempo a pensare
cosa accadrà dopo
E mi sono risposta da sola
Perché chiederlo

Quando ci alzeremo
i nostri passi ci condurranno al luogo
che fino ad ora abbiamo cercato invano
E nel sogno io ci credevo e al contempo non ci credevo

E in ciò v’era una sorta di felicità
che si può conoscere solo in sogno

Julia Hartwig

giovedì 30 agosto 2018

Art by Paul Roberts (English, 1948)








Come scende la vita queste scale
come si sottrae all’incontro, come
affonda dentro la ferita cava, pulsante
quando terminato il giorno guaisce
il cane disperato col seme in eccesso.
Vorrei che fossi tu, vorrei
che nulla restasse inviolato,
bere quanto trabocca ed infine

ubriachi, prossimi alla partenza
con le code che salutano e le lingue
asciutte, noi educati viaggiatori noi
bestie turbate, incontaminate.

Eleonora Rimolo: "La terra originale"

mercoledì 29 agosto 2018

Art by Damiao Martins (Brazilian)

















La vita si anima nella chiara luce dell'alba
in un bacio della luna quando si incontra
al tramonto con il sole
quando mi perdo nei tuoi occhi,
quando ti sfioro.
La vita è solitudine 
senza di te,
come un fiore che cresce solo
in un campo, come un albero senza foglie.
La vita si anima
quando ti amo,
i fiori splendono di mille colori insieme,
gli alberi sono verdi e le loro cime
si innalzano fiere nel cielo.

La vita è gioia insieme a te,
anche l'inverno più rigido
passa inosservato,
mi basta pensarti, mi basta sognarti,
e ogni problema diventa per magia,
un passaggio senza spine.
La vita è luce con te, mi basta guardarti,
la vita ha un senso
insieme a te;
ho tanto amore da donarti.

 - da pellediluna -

martedì 28 agosto 2018

Art by Arthur Braginsky, 1965


Mentre si diffonde
il tuo profumo
tra i nostri due cuscini
sento sciogliere
in me l'emozione...
è stato un attimo di follia.

Svegliarmi con
l'odore dell'amore
addosso... sulla pelle
il calore del tuo corpo
con quel tuo dolce e
tremulo sospiro 
che assaporo
unendolo al mio
tutto diventa incanto.


L'Amore telematico

Ci sono momenti nella nostra vita che senti il bisogno di un rapporto al di fuori dell'ambito conoscitivo abitudinario, qualcosa che ti stimoli, una scossa alla solita routine quotidiana.
Ormai avevo fatto l'abitudine, in quella chat non trovavo mai nessuno che riuscisse ad interessarmi più di cinque minuti; non appena mi addentravo in discorsi più diretti, molti di loro chiudevano il rapporto, non accettavano l'appello a seguirmi in profondità, era come fossi contaminato da una rara malattia; un virus - niente che possa provocare danni al pc.
Finché una sera mi imbatto in Lei; desiderosa di nuove conoscenze ed esperienze, era esattamente come me. Fin dal primo momento capii che non era una persona comune, dotata di spirito, di buona cultura e di una sfrenata voglia di sorridere; mi sorprese per la sua genuina e naturale trasgressività.
Finalmente avevo trovato una donna con la quale si poteva parlare; anche se la parola non esisteva, visto che usavamo le tastiere per comunicare e discutere senza remore di qualsiasi argomento, sia di carattere generale che riguardante le nostre personalità.
Nei giorni che seguirono, più che giorni direi serate, il nostro rapporto si consolidò, non volevo credere a questo, ma ci eravamo avvicinati sentimentalmente.
Le conversazioni diventarono sempre più piacevoli e soprattutto più piccanti, ognuno di noi espresse chiaramente le preferenze sessuali e i desideri più nascosti, i nostri racconti erano sempre più particolareggiati, ogni volta l'eccitazione ci prendeva salendo a livelli parossistici, anche se Lei la buttava nello scherzo goliardico, facendo delle sonore risate ... ahahahaha.!!!
Ma poi arrivammo ad amarci come mai avremmo pensato; l'uso dello scritto può dare quello che la parola non da - lascia traccia - rileggere l'amore che ci davamo non ha paragoni.
Un forte legame ci univa, conoscevamo ogni curva ed ogni anfratto dei nostri corpi, ogni nostro singolo desiderio, come ci piaceva fare l'amore e quello che avremmo voluto fare, ma che mai avremmo osato.
Non poteva continuare così, l'attrazione pulsava nelle vene e il cuore era in subbuglio ad ogni scritto che ci mandavamo, lasciandoci spossati con i sessi pulsanti di desiderio.
Non dimentico quella sera; dopo aver simulato l'atto d'amore descrivendolo nei minimi particolari, con il pene in mano grondante sperma, ti lanciai la proposta - facciamolo per telefono.
Ti sembrava una enormità - non è che stiamo andando troppo oltre - fu il suo commento scritto.
Ci lasciammo come le precedenti notti; era normale fare tardi, avevamo difficoltà a staccarci dalle tastiere, serate indimenticabili; ero cotto a puntino, l'amore fa questi scherzi quando sei veramente preso, mi ero innamorato dopo anni di quiete sentimentale.
L'idea del telefono non cadde nel dimenticatoio; presi come eravamo bastò che scrivessi il mio numero per vedere apparire il suo - chiesi se era possibile chiamare - al tuo assenso mi accinsi a fare la serie di numeri con le mani tremanti; l'emozione mi colse nel sentire il suo respiro - mi uscì dalla gola il tuo nome ... e non fu più come prima!

 - Roberto Norberti -

domenica 19 agosto 2018

Art by Egon Schiele (Tulln an der Donau, 1890 - Vienna, 1918)


L'amore è
Niente è buono o cattivo se non è tale nel nostro pensiero! 

 - Dedicato a chi mi ispira. -

Ti accarezzo e vibri dolce tra le mie mani, 
io spasimo e dimentico il mio domani. 
L’attimo che noi viviamo è meraviglioso 
solo tra le tue braccia io trovo riposo.

Tutto ebbe inizio quella mattina ancora ragazzino, che con mia sorpresa al risveglio mi trovai con il piccolo pene duro e ritto. Iniziavo a sentire l'inquietudine dei miei dieci anni e, stimoli di cui non comprendevo il motivo d'essere. Tra i vari giochi tipici di quella età tra noi amici, oltre al nascondino c'era quello di radunarsi in una soffitta adibita a magazzino nella grande corte, dove abitavano numerose famiglie, li ci sentivamo liberi di fare quello che ci passava per la testa.
In quel luogo ci divertivamo con un gioco; a turno, uno di noi faceva il maestro o la maestra di scuola, chi si comportava male o non sapeva la lezione veniva punito; avevamo inventato una punizione particolare, alla mancanza si veniva puniti con delle frustate: la minuscola frusta era assemblata con dei lunghi straccetti legati assieme. A quel punto il punito o la punita doveva chinarsi in avanti mostrando il sedere, che veniva preso a frustate; i maschietti si abbassavano i calzoni e le femminucce si alzavano la gonna; dopo la punizione come consolazione a turno si davano carezze sulla parte punita.
È da quel gioco innocente che iniziò la visone delle differenze nei nostri corpi seminudi, ma non c'era ancora malizia in quel che facevamo; non comprendevamo ancora la funzione di quella parte del corpo, a parte l'urinare, anche se in alcune occasioni nei maschi si era verificato l'indurimento di quel piccolo pene, tra le risate e la presa in giro del malcapitato.
Anche i sederini delle ragazze ottenevano la stessa cura, anche in questo caso la parte che riguardava la vulva non era presa in considerazione visto la funzione che sapevamo fosse solo quella di urinare.
Questa era una parte dei giochi da creature innocenti del nostro gruppo, amici che con il passare del tempo ci ha portato così lontani da non vederci più.


Il collegio dove i miei genitori decisero di mandarmi durante gli anni scolastici, mi teneva lontano da quella allegra brigata. Essendo un collegio diretto da preti “Salesiani” è li che fui preparato per la mia prima confessione. Nulla mi faceva pensare avessi dei gravi peccati, a parte le solite marachelle di un bambino della mia età. Finché il padre confessore nei suoi sermoni si raccomandò di non dare ascolto al demone della carne e, che toccarsi e toccare era un peccato gravissimo. Questo mi fece ripensare a  quello che facevamo in quella soffitta, turbandomi non poco. 
C'era del male in quel gioco?
In confessione seduto vicino a lui la vergogna mi fece abbassare lo sguardo, non lo avessi mai fatto, il prete mi chiese il motivo di tale turbamento: per la prima volta, mi sentivo in colpa per quegli atti; gli raccontai quello che facevamo; pretese con insistenza gli raccontassi i più piccoli particolari. La mia ingenuità e quello che provavo in quei giochi servì a persuaderlo della mia candida innocenza.
- Sappi che per combattere quelle tentazioni, dovrai digiunare, pregare e fare lunga meditazione - e continuò dicendo: - non portare mai la mano e neppure la vista su quelle parti del corpo; ben presto crescendo d'età la natura coprirà quelle parti con una folta peluria nascondendole alla vista, usa la giusta precauzione verso quella parte del corpo che tanto ti faceva divertire con i tuoi amici. - 
Dopo tutte queste raccomandazioni il padre confessore mi congedò benedicendomi. 
Però la ricordo bene quella notte piena di incubi, di diavoli e di serpenti che mi fecero svegliare con il cuore che batte forte forte nel mio piccolo petto.
Tutto questo per fortuna non provocò in me nessun danno psicologico; oltre allo studio c'era il gioco di squadra nei tornei di calcio che amalgamava le amicizie forgiandomi in un giovane sano, con le giuste voglie.


*

Fu la ragazza che serviva nella casa di campagna dei miei nonni a donarmi la visione e il piacere del corpo nudo di donna, lei la sapeva lunga in fatto di sesso e, a iniziarmi in quella pratica le ci volle poco.
In quel grande fabbricato rurale tra i terreni della bassa coltivati a granaglie e marcite per alimentare i bovini da latte e da macello passavo parte delle mie vacanze estive.
Spiandola quando si ritirava per riposare durante la pausa pomeridiana in quella sua piccola camera situata nella parte più alta del caseggiato, la guardavo attraverso le fessure della vecchia porta mentre si denudava rinfrescando nella grande tinozza il suo opulento corpo da montanara. 
Li non c'era santo che mi trattenesse nello smanacciare il pene che già aveva assunto una discreta misura, con il risultato di eiaculare in pochi attimi.

Mi sovviene come fosse oggi quel primo pomeriggio di luglio, quasi tutti si erano ritirati nelle loro stanze per cercare un po' di refrigerio in quella calura. Come facevo quando ero certo di non essere visto mi apprestai a salire le rampe di scale che portavano lassù, nella parte più alta, dove era posta la solitaria cameretta della ragazza, sperando che anche lei si fosse ormai ritirata, così era, in quella occasione trovai la porta semi aperta, credo lo facesse per far circolare meglio l'aria in quel bugigattolo adibito a camera da letto.

Guardavo eccitato quell'opulento corpo steso nel letto seminudo, con quel grosso sedere che sembrava dicesse: vieni a toccarmi. Il pene aveva subito dato segni di vitalità con una violenta erezione, come sempre succedeva appena vedevo il suo corpo disponibile al mio sguardo.
Sbottonai la patta e lo tirai fuori, iniziando il va e vieni della mano appoggiato allo stipite; quanto mi piaceva quello che stavo facendo, con gli occhi chiusi mi immaginavo sdraiato accanto a lei: “guarda che ti vedo, è da tempo che fai lo sporcaccione.” Mi prese un colpo e spingendo il pene dentro la patta con un balzo presi la via delle scale agitato e vergognoso: “fermati, dove corri, guarda che non ti faccio nulla, non lo dico a nessuno, sei un giovanotto ormai, è giusto che hai queste voglie, torna su che ne parliamo un po'.” Potete immaginare il tremore che avevo addosso, titubante eseguii l'ordine, era seduta sul bordo del letto, le gambe penzoloni scoperte fin sopra le ginocchia, mi fece segno battendo la mano sul letto di sedermi accanto a lei. “ Guarda che è da tempo che devo pulire le tracce che lasci fuori la porta.” Ero rosso in viso e tutto sudato, lo sentivo colare dalla fronte; mi guardò sorridendo e, lasciandosi scivolare giù dal letto andò presso la tinozza dove prese la salvietta di spugna usata poco prima per asciugarsi ancora umida con la quale mi deterse il viso, dandomi un buffetto. Non riuscivo a toglierle gli occhi da dosso, guardavo quel corpo così da vicino che mi sembrava di vederla nuda, attraverso quella camicia da notte con un profondo scollo a V che lasciava intravvedere i grossi seni liberi da restrizioni, con i capezzoli spinti contro il leggero tessuto; lo vide il mio sguardo fisso su quella parte del corpo, mi prese la mano e l'appoggiò su di se facendomi sentire attraverso il tessuto il grosso capezzolo, ero immobilizzato; chi la staccava più quella mia mano tremante, il cazzo pulsava nello stretto pantaloncino, guardandomi negli occhi mi slacciò completamente i corti calzoni facendoli calare sulle ginocchia; la sua ruvida mano di lavandaia scosto il bordo del mio slip prese tra pollice e indice il pene facendo scorrere in basso la pelle scoprendo il glande: “Ma guarda un po' che vedo, lo sai che hai un bel uccellino, più che uccellino mi sembra un uccellotto, è tempo che si cerchi un nido.” e intanto guardavo la tetta che la mia mano strizzava al di sopra la bianca camicia, mentre lei con calma faceva andare su e giù la mano; non ci volle molto, lo sperma le bagno il palmo della mano mentre io ero scosso dal più forte  orgasmo mai provato, con mugolii mi lasciai andare contro il suo petto. Come una premurosa amica mi fece stare in quella posizione, mentre con la salvietta si puliva la mano e asciugava per bene il pene tenendolo ben stretto. “Ti è piaciuto?” L'abbracciai con impeto senza nessuna preoccupazione, ma facendo così finimmo semidistesi sul letto; era tutto morbido quel grande corpo, invece il pene premuto contro la coscia era di nuovo ben duro, il viso appoggiato sulle grosse tette; non avrei più voluto staccarmi da tutto questo. 
Mi prese la mano e, facendola scivolare verso il basso la portò tra le sue cosce, iniziando a muoverla sulle mutande e intanto mi stringeva forte a se; dopo poco cominciò ad ansimare, spingendo la mia mano sotto l'elastico delle mutande sentii il suo sesso appiccicoso: “lo vedi cosa mi hai fatto” mi sussurrò mentre mi accarezzava il viso. “Adesso mi devi aiutare.”
Si mise ben stesa di schiena sul letto invitandomi a fare altrettanto: “togliti le scarpe e tutto il resto, vieni vicino a me” mi eccitava stare abbracciato a lei; non immaginavo cosa volesse fare quando fece scorrere verso l'alto la camicia da notte, lasciando in vista le mutande che coprivano in parte il ventre: “sono certa che non hai mai visto li sotto cosi da vicino” sollevando leggermente il sedere dal letto iniziò a far scendere le mutande, una folta peluria nera riccioluta copriva il pube, non vidi altro finché non piegò le ginocchia sfilandosi completamente le mutande; aprendo le cosce da quella nera boscaglia emerse la fica dalle grandi labbra umide: “questo è il nido per il tuo timido uccelletto” allungando la mano e mi prese il cazzo tirandolo verso di se: “dai vieni, mettiti in mezzo alle mie gambe, mettiti in ginocchio” sempre con la mano attorno al mio pene in erezione si spinse verso di me e, appoggiando il glande sulla fica inizio a muoverlo sulle grandi labbra aperte; ero talmente soggiogato da quel gioco da rimanere immobile; mi appoggiò l'altra mano sul sedere dandomi una spinta, mentre mi stendevo su di lei il cazzo entrò in quella calda umida fessura; adesso le sue mani erano sui miei fianchi, comandavano il movimento, abbassavano e alzavano il mio corpo facendo scorrere il cazzo dentro la fica; il piacere di stare dentro di lei durò poco, con un vigoroso movimento mi trasse fuori e, prendendolo in mano iniziò a masturbarmi, lentamente, mentre si alzava la camicia fin sotto il mento mettendo a nudo le enormi tette, mi spinse la testa su una di loro facendomi appoggiare la bocca sul bruno capezzolo che iniziai a succhiare, mentre le eiaculavo sul ventre. 
Mi tenne addosso stretto con la testa tra i voluminosi seni, che manipolavo e succhiavo, mentre lei si masturbava intensamente, raggiunse l'orgasmo inarcando la schiena, mugolando di piacere: “mi raccomando questo è il nostro segreto, quello che abbiamo fatto non si può fare tutti i giorni, adesso vestiti, lasciami sola che ho bisogno di dormire, la mattina lo sai che mi devo alzare presto.

Per la prima volta mi prese il viso tra le mani e mi diede un bacio sulla bocca.

*

Voglio un amore lento guardandoci negli occhi.
Voglio che le mani diano valore alle carezze.
Voglio che sia pronto, sempre pronto a rivivere.

***

venerdì 17 agosto 2018

Art by Rodolfo Ledel (Porto Alegre, 1939)




















Non ho seme da spargere per il mondo
non posso inondare i pisciatoi né
i materassi. Il mio avaro seme di donna
è troppo poco per offendere. Cosa posso
lasciare nelle strade nelle case
nei ventri infecondati? Le parole
quelle moltissime
ma già non mi assomigliano più
hanno dimenticato la furia
e la maledizione, sono diventate signorine
un po’ malfamate forse
ma sempre signorine.

Patrizia Cavalli: "Le mie poesie non cambieranno il mondo"