sabato 28 ottobre 2017

Art by Saturnino Herrán (Méxican, 1887 - 1918)




L’autunno mi bruca dalla mano la sua foglia: siamo amici.
Noi sgusciamo il tempo dalle noci e gli apprendiamo a camminare:
lui ritorna nel guscio.

Nello specchio è domenica,
nel sogno si dorme,
la bocca fa profezia.

Il mio occhio scende al sesso dell’amata:
noi ci guardiamo,
noi ci diciamo cose oscure,
noi ci amiamo come papavero e memoria,
noi dormiamo come vino nelle conchiglie,
come il mare nel raggio sanguigno della luna.

Noi stiamo allacciati alla finestra, dalla strada ci guardano:
è tempo che si sappia!
È tempo che la pietra accetti di fiorire,
che l’affanno abbia un cuore che batte.
È tempo che sia tempo.

È tempo.

Paul Celan
In ricordo di Pierluigi Cappello (1967 – 2017)


Pioveva fuori.
Aprii il libro di Odisseo
e il libro cominciò con la sconfitta.
Sotto, immaginai, c’era la fitta
schiera di cimieri e alte controcielo
le aste dei barbari di Grecia;
sulle muraglie rosse,
ma in lontananza, e delicate come
il verde degli steli fra le pietre,
quelle dei fanti d’Ilio sbigottiti.
L’incantatore greco,
qui mi conduce e qui trema – pensai –
in mezzo a questa piana di polveri e di terre
che hanno veduto rompersi difesa
e forza e rovinare all’urto
del combattente acheo
le armi d’Ettore, il fuoriclasse d’Asia.
Pioveva fuori,
dentro l’oscillare del pendolo
tagliava minuti e il frusciare
teso dei fogli.
Per tre volte intorno alle mura
e trenta miglia almeno,
legati gli stinchi al carro di guerra,
sconcio e scempio facendone,
Achille trascinò le spoglie
del principe di Priamo
finché, estenuata, la ferocia
ricadde come polvere sul campo.
Lí posava la testa bruna d’Ettore
e potevi vedere
di sotto le palpebre malchiuse
il bianco delle sclere rovesciate
e potevi sentire,
ma prima che Achille in alto levasse
via nel cielo
asta di frassino e urlo di vittoria,
salire dal corpo del vinto
il silenzio del vincitore vero.

da “La misura dell’erba”
Art by Maurice Greiffenhagen (British, 1862- 1931)





Eri dritta e felice
Sulla porta che il vento
Apriva alla campagna.
Intrisa di luce
Stavi ferma nel giorno,
Al tempo delle vespe d’oro
Quando al sambuco
Si fanno dolci le midolla.
Allora s’andava scalzi
Per i fossi, si misurava l’ardore
Del sole dalle impronte
Lasciate sui sassi.

Leonardo Sinisgalli

da “Vidi le Muse”

venerdì 20 ottobre 2017

Art by Igor Samsonov


















Lasciai cadere il tempo sul tuo nome,
come si adagia il marmo sulla terra e
l’acqua si sparge sulle braci.
Mi vestii di lutto come le donne che disfano
le culle vuote da tanto le guardano;
e vidi il sangue scendere finalmente sulla ferita,
come la cera che si rapprende sul palmo della mano
prima di perdersi nelle dita in polvere.
Se ti dimenticai,
fu perché volli qualcuno che mi chiamasse,
un corpo che fosse un altro sul mio corpo,
una voce offerta per la mattina.
Ma niente, ma nessuno.
Se il tempo non si fosse abbattuto sul tuo nome,
avrei potuto almeno ora ricordarti –
poiché non c’è lapide senza corpo
né cenere che non abbia arso.
E la casa è oggi più fredda che mai:
lasciai passare il tempo sul tuo nome,
e non c’è focolare, non c’è nido,
non ci sono figli che si possano perdere da me,
né candele per riempire di memoria questo silenzio.

Maria do Rosário Pedreira
Art by Riccardo Mannelli




















Si cammina sul filo degli anni
da esperti funamboli.
È un difficile andare ma si va.
E intanto il mondo, attorno,
muta faccia e colore.
Senza posa
ogni creata cosa
in poco d’ora ci diventa strana.
E con le cose ci mutiamo noi,
d’oggi in domani.
Solo sta fermo nel fondo di noi
quel nostro tempo primo,
l’infanzia, all’ombra della madre, sotto
il crocifisso piccolo di avorio.

Diego Valeri
Art by Giorgio Dante










 








Per evolversi la vita deve fare male.
Il dolore è una terraferma.
L’uomo sicuramente può contare sul dolore perchè è l’unica cosa,
da sempre.
La gioia è errabonda.
Da tempo ho una febbre insolita,
una febbre che brucia.
Sono diventata adiposa e grassa come una qualsiasi donna ansiosa,
e non so più fare miracoli,
proprio perchè non so più soffrire.
E’ il dolore che ci fa crescere ed è il dolore che ci fa morire.
Se togliamo il dolore,
togliamo il tavolo sul quale mangiamo ogni giorno.
Senza dolore finiremmo costretti a mangiare per terra…

Alda Merini